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Come integrare i rifugiati: l’inserimento socio-lavorativo

Abbiamo parlato con Daniele Greco e Francesca, due operatori che lavorano all’interno del Servizio Protezioni Internazionali, i quali ci hanno aiutato a capire come viene attuato questo processo e lo scopo che in tal senso lo SPRAR persegue. Il lavoro degli operatori infatti potrebbe non solo aprire molte porte ai rifugiati, ma dargli un futuro concreto.

Come vengono preparati al contesto

E’ alto il numero di rifugiati che vorrebbero fare parte di un contesto lavorativo. Nel primo semestre del 2018, per esempio, sono state ricevute 220 segnalazioni da parte di adulti e 130 di minori. Nel primo caso, nonostante i beneficiari siano in maggior numero, non sono tutti idonei per iniziare il progetto; mentre nel secondo caso, ciascun minore è inserito in un corso. E’ in qualunque caso fondamentale che ciascuno di loro impari la lingua italiana e prenda il diploma di terza media, in modo tale da stabilire delle radici che potrebbero servirgli per inserirsi nel contesto sociale italiano. Allo stesso tempo è decisivo intraprendere uno “step” successivo all’interno del mondo del lavoro. Successivamente, è decisivo per loro imparare un mestiere attraverso il ventaglio di corsi di formazione professionale, per poi consegnare loro quell’autonomia che servirà per vivere in maniera indipendente quando il progetto volgerà al termine.

Tutto questo lavoro non sarebbe possibile se non fosse per i fondi SPRAR e altri fondi terzi, in ragione dell’utilizzo appropriato di questi ultimi. “Insieme agli enti gestori, decidiamo come organizzare questi soldi e come utilizzarli” ci racconta Francesca. Molte delle sovvenzioni provengono da fondi ministeriali o da altri progetti come il FAMI, raramente purtroppo da finanziamenti privati. Tutto ciò finalizzato ad azioni che spaziano dall’ambito sociale (sport, arte...) all’ambito lavorativo (sarti, meccanici...).

 

 

Gli ostacoli che bisogna oltrepassare

Nelle storie di molti rifugiati che arrivano in Italia, vengono descritte realtà disumane. Per questo motivo è necessaria un’accoglienza adeguata e successivamente un’integrazione serena.

In tal senso lo SPRAR si impegna a far metabolizzare il viaggio insidioso dei rifugiati attraverso strumenti sociali e culturali che vengono più delle volte sottovalutati dai beneficiari, i quali pensano che il loro obiettivo principale sia solo quello di trovare un lavoro e di crearsi un’indipendenza il prima possibile, senza focalizzarsi sull’aspetto umano e culturale. “Ci sono forti istanze nei ragazzi a finire il prima possibile, quindi cerchiamo, nella parte educativa, di fornirgli ulteriori strumenti che siano funzionali nel loro percorso di vita” ci spiega Daniele.

 

Parte dell’accoglienza prevede la preparazione ad un lavoro adatto alle proprie competenze, per esempio, nonostante solo alcuni abbiano una laurea, molti presentano doti culinarie o sartoriali